Chiude “Rural Social ACT”. Cia, costruita rete per lotta più forte a caporalato
Ultima tappa per il progetto con 30 partner che promuove l’inclusione e l’inserimento lavorativo dei migranti tramite l’agricoltura sociale
Continuare a fare rete e costruire azioni durature e piani sempre più strutturali per sostenere l’inserimento socio-lavorativo dei migranti, nel segno dell’inclusività a trazione agricola. Questo il messaggio e l’auspicio uscito dal seminario finale di “Rural Social ACT”, il grande progetto di promozione dell’agricoltura sociale per contrastare caporalato e agromafie, con Cia-Agricoltori Italiani capofila e 30 partner tra associazioni e cooperative.
Sede dell’ultima tappa Grottaferrata, in provincia di Roma, negli spazi di Agricoltura Capodarco, con i lavori aperti dal presidente della coop Salvatore Stingo. “Oggi chiudiamo un progetto che ci ha impegnato per oltre due anni -ha detto-. Un progetto ambizioso, sia per il tema delicato che per la governance collettiva. Anche le tempistiche sono state difficili, partendo nel post Covid. Eppure siamo riusciti ad andare avanti, con i seminari e i laboratori di occupabilità, mettendo insieme le diversità e rendendole costruttive, come fa sempre l’agricoltura sociale, che arricchisce le persone e i territori”. Adesso “servono più progetti del genere, pratici, concreti, non di principio -ha continuato Stingo- per entrare sempre meglio nei luoghi e nei bisogni, sviluppando l’offerta occupazionale per le categorie svantaggiate”.
D’accordo Paola Berbeglia, presidente di CReA onlus e Concord Italia: “Dobbiamo diventare ancora più strumenti di percorsi di inclusione per i migranti -ha spiegato- anche utilizzando in modo nuovo la progettazione FAMI (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione), ovvero pensando ai rifugiati non solo come target, ma come alleati, co-programmanti sui territori per le attività e il lavoro. Rural Social ACT ha lavorato in questo senso e ora bisogna insistere”.
Secondo Maria Carmela Macrì, ricercatrice del CREA, “questo progetto ci ha dato la possibilità di capire le criticità del settore e provare a migliorarle. Partendo dalla formazione -ha evidenziato- che è fondamentale sia in senso professionalizzante che sui diritti. Occorre perseverare, fare in modo che progetti del genere diventino più strutturati, per poter avere effetti durevoli”. Altrettanto importate, ha aggiunto, “è stato avere un’organizzazione come Cia a capo di Rural Social ACT, nell’ottica di sensibilizzare le imprese agricole sul tema”.
Proprio su questo è intervenuto anche Corrado Franci, coordinatore nazionale del progetto: “Aiutare i migranti, favorendo percorsi di integrazione socio-lavorativa, serve a tutti i soggetti coinvolti, anche alle aziende, perché non solo restituisce dignità al lavoro e combatte l’illegalità, ma può colmare la carenza di manodopera sui campi -ha dichiarato-. Ma il contrasto al caporalato deve essere in tutti i settori, non solo in agricoltura, coinvolgendo nell’assistenza anche chi è invisibile, perché non è in regola, e quindi è più esposto”. Allo stesso tempo, è indispensabile “la sensibilizzazione dei consumatori all’acquisto consapevole dei prodotti garantiti anche per la legalità del processo produttivo, pur se tale opzione comporta qualche maggior costo, perché finalmente sui banchi dei supermercati si iniziano a trovare prodotti NO CAP e, quindi, la scelta diventa possibile, ed etica”. Per il futuro, ha ribadito Franci, “l’augurio è continuare a lavorare insieme, e che la rete che abbiamo costruito sopravviva al progetto”.
D’altra parte, ha evidenziato Elisa De Fina della DG Immigrazione del Ministero del Lavoro, “Rural Social ACT è un patrimonio su cui fondare la prossima progettazione, una grande esperienza che fa da fertilizzante per far germogliare nuove azioni”.
A tenere le conclusioni dei lavori è stato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, che ha voluto ringraziare tutti i partner presenti per l’impegno e la dedizione. “Siamo l’unica organizzazione agricola che si è fatta capofila di un progetto del genere -ha ricordato-. Questo perché Cia ha nel suo dna il valore della legalità e si batte contro tutti quei fenomeni, come il caporalato, che mortificano la dignità e i diritti dei lavoratori e creano distorsioni nel mercato facendo concorrenza sleale”. È chiaro che “bisogna continuare su questa strada, creando con le istituzioni percorsi e soluzioni condivise per imprenditori e lavoratori agricoli”. Ma progetti come Rural Social ACT, ha chiosato Fini, “sono strategici anche per sensibilizzare i cittadini-consumatori sulla cultura del cibo, che non può prescindere da chi lo produce e come; un lavoro che andrebbe premiato pure sul fronte dei prezzi, con il riconoscimento di un più giusto reddito”.