Nuovo seminario “Rural Social ACT”. Contro caporalato serve modello cooperativo
Occorre però regolamentazione normativa e sana cogestione. Ospite d’onore il presidente di Cia Cristiano Fini
Le cooperative “senza terra” che offrono servizi al lavoro agricolo possono essere una delle soluzioni più giuste sia per rispondere alla maggiore richiesta di manodopera da parte delle aziende, sia per arginare di netto il fenomeno del caporalato sui campi. Ma devono essere meglio regolamentate a livello normativo per bloccare la proliferazione delle false cooperative, le cosiddette spurie, che usano questa forma societaria in modo strumentale, senza rispettarne le finalità mutualistiche. È quanto emerso dall’ultimo seminario di “Rural Social ACT”, il grande progetto di promozione dell’agricoltura sociale per contrastare caporalato e agromafie con Cia-Agricoltori Italiani capofila e 30 partner tra associazioni e coop, che vuole favorire nuovi e innovativi processi di inclusione e reinserimento socio-lavorativo dei migranti tramite una rete di collaborazioni integrate.
Il seminario, tenutosi a Roma a Palazzo della Cooperazione, ha visto confrontarsi i partner del progetto proprio su questo tema. Partendo dai dati illustrati da Salvatore Stingo, presidente di Agricoltura Capodarco, che ha ricordato come negli ultimi tre anni le aziende agricole si sono ampliate ed è, quindi, cresciuto il ricorso all’esternalizzazione del lavoro (+18%), così come sono aumentate nello stesso periodo le cooperative senza terra (+28%). “Ma in questo incontro tra domanda e offerta -ha detto- si può inserire il rischio sfruttamento per i lavoratori, senza una legislazione chiara e controlli serrati per distinguere vere e false cooperative”. C’è bisogno, cioè, di “una terzialità vera, continuativa, regolamentata, trasparente -ha aggiunto Stingo- accompagnata da un cambio di approccio sociale e culturale” per “escludere ogni sacca di illegalità”.
Sulla stessa linea il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, ospite d’onore del seminario romano. “La nostra è l’unica Confederazione agricola che si è fatta capofila di un progetto contro il caporalato -ha ricordato-. Questo perché Cia ha nel suo dna il valore della legalità e difende gli imprenditori che rispettano le regole, fronteggiando tutti quei fenomeni, come il caporalato, che mortificano la dignità e i diritti dei lavoratori e creano distorsioni nel mercato facendo concorrenza sleale”. Fini ha ribadito l’esigenza, non soddisfatta, di più manodopera da parte delle imprese agricole: “Abbiamo lavorato con il governo per anticipare il Decreto flussi, ma non basta -ha sottolineato-. Abbiamo bisogno di altri strumenti, semplificati e sburocratizzati, anche per togliere terreno al caporalato” e una possibile risposta può essere “costruire un impianto legislativo sui contratti di appalto con le cooperative”. Intanto, ha evidenziato il presidente di Cia, “progetti come Rural Social ACT sono fondamentali per accendere un faro su problematiche del genere e creare percorsi e soluzioni condivise per imprenditori e lavoratori agricoli”.
Da parte sua, il direttore di Confcooperative-Fedagripesca, Domenico Sciancalepore, ha ricordato “la battaglia annosa contro le false cooperative, che non rispettano i contratti collettivi, si sottraggono alla vigilanza, non sono associate alle centrali cooperative, negano la partecipazione dei lavoratori” anzi spesso approfittano della “debolezza contrattuale e sociale dei lavoratori immigrati”. Per questo, va bene la premialità legata all’iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità, ma è chiaro che “occorrono più protocolli e strumenti normativi -ha continuato Sciancalepore- che garantiscano una sana cogestione d’impresa, basata su co-datorialità e contratti di rete, mettendo al centro la dignità dei lavoratori”.
Infine, la consigliera della Regione Lazio, Marta Bonafoni, ha evidenziato come “mettere insieme agricoltori, cooperative, istituzioni” per un progetto contro il caporalato “è fare cultura politica della legalità”, mentre il coordinatore nazionale di Rural Social Act, Corrado Franci, ha chiuso i lavori del seminario auspicando che “il percorso aperto con il progetto e i 30 partner continui anche oltre il progetto stesso”.